venerdì 22 luglio 2011

E' POSSIBILE DIVENTARE LEADER, OGGI? (PARTE PRIMA) di Andrea Boni.

La definizione di leader è spesso fraintesa e confusa con quella di manager. In realtà, osservando meglio i rispettivi ruoli, possiamo evidenziare talune differenze: in prima istanza il manager si misura con la complessità di un sistema di gestione, mentre il leader si misura con il cambiamento dello stesso; il manager si occupa della pianificazione e del budget, con particolare attenzione alla definizione degli obiettivi e dell'allocazione delle risorse, mentre il leader gestisce lo sviluppo della visione e delle strategie generative dei cambiamenti per attuare tale visione; il manager mette in atto i processi di organizzazione delle funzioni, il leader fornisce un orientamento alle persone ed individua la strategia di aggregazione dei gruppi per attuare la vision. Inoltre, il leader si impegna nella motivazione e nell'ispirazione laddove il manager attua un controllo ed individua la soluzione dei problemi. È chiaro che spesso occorre una combinazione stretta delle due funzioni ed il vero leader è colui che oltre a sviluppare le potenzialità delle persone, dirigere il cambiamento, generare un clima per lo sviluppo armonico, contribuisce alla creazione ed al mantenimento di relazioni costruttive ed allo stesso tempo riesce a gestire in maniera eccellente la struttura dei ruoli, delle funzioni, dei costi e dei ricavi, dei protocolli e delle procedure di gestione. Soprattutto, il leader sa rendere gli appartenenti al suo gruppo partecipi alla realizzazione del progetto comune.
Nella cultura indovedica è ben definito il significato di leader:
Qualunque azione compia un grande uomo, la gente segue le sue orme. Tutto il mondo segue la norma che egli stabilisce col suo esempio (Bhagavad Gita III.21).
Siamo nel III Capitolo e Krishna sta istruendo meravigliosamente il suo discepolo e amico Arjuna sull'arte dell'azione perfetta. In questo verso viene spiegato che l'esempio è fondamentale per dare una visione, una linea da seguire, un orientamento. E tanto più colui che agisce lo fa coerentemente, con ispirazione e ardore, attuando per primo le metodiche che suggerisce, tanto più fornirà un esempio indelebile che entrerà come modello in coloro che lo seguono. Ma in cosa esattamente un leader deve essere di esempio? Sono veri leader coloro che attraverso il proprio ruolo tendono a realizzarsi, ovvero a soddisfare quei bisogni innati e ontologici di autonomia affettiva e armoniosa relazionalità. Realizzarsi significa sperimentare un senso di sé autentico e congruente, un'armonizzazione fra valori, comportamenti e progetti.
I leader che sono sulla via dell'auto-realizzazione, avendo individuato i desideri [che caratterizzano le loro istanze inconsce], e lottando per soddisfarli [con un'attitudine aderente al dharma], non hanno la necessità di far uso degli altri per soddisfare i propri bisogni psichici irrisolti, né di controllarli o di possederli. Possono gestire il proprio narcisismo, evitare le trappole del possesso o della diffidenza, insomma “ripararsi” dalle tentazioni della leadership nel cercare di combinare benessere ed efficienza. [La] conseguenza [di tale lotta che si manifesta] nelle relazioni è la creatività, una migliore tolleranza, stabilità di umore, sensazioni di gioia e serenità, senso dell'umorismo e soprattutto un senso di coinvolgimento in un progetto esterno a sé. Si sentono leader, sono riconosciuti come tali, e si sentono realizzati nella concretizzazione fisica delle loro idee(1).
Un leader, quindi, è colui che vede come prioritario il raggiungimento della conoscenza della sua realtà più profonda, il sé, e la ricerca di una relazione costruttiva ed appagante con gli altri, attraverso un'azione coerente, è uno dei mezzi per raggiungere tale scopo.
Le Scritture Vediche, gli Shastra, forniscono innumerevoli esempi di leader autentici. Senza perderci in una lista infinita di figure meravigliose, possiamo citarne alcune come riferimento. Come non citare Yudhishthira, uno dei membri dei cinque Pandava, erede al trono del padre Pandu. Egli fu un esempio sublime di gestione del potere con una ferma aderenza al dharma. Sempre pronto ad aiutare gli altri, vedeva come prioritario il benessere dei suoi sudditi rispetto al suo personale. Non esitava a dare ancor prima di ricevere. L'umiltà era la sua caratteristica più evidente, unitamente a lucidità di pensiero, visione, capacità di ascolto dei suggerimenti che gli arrivavano dai suoi consiglieri, ferma aderenza ai principi della religione. Leggendo il Mahabharata è impossibile non innamorarsi di questa figura così pura, pulita e luminosa che regnava con vero Amore. Il leader è colui di cui ti innamori perché desideri seguire il suo esempio, in quanto veramente radicato nella virtù, nel dharma. Come non ricordare anche altre grandi figure come Re Janaka, citato nelle Upanishad e nella Bhagavad Gita, padre di Sita, che diventerà la moglie di Rama:
Re come Janaka raggiunsero la perfezione col compimento dei doveri prescritti. Compi dunque il tuo dovere, se non altro per educare gli altri. (Bhagavad Gita III.20)

(1) Luca Stanchieri, “Essere leader non basta ...”, Franco Angeli, 2006.

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