Esistono fondamentalmente due categorie di conflitti: i conflitti intrapersonali e i conflitti interpersonali. Intrapersonali significa interni all'individuo, relativi alla persona con sé stessa, o meglio, a diverse funzioni psichiche(1) tra loro. Tale conflittualità è una delle cause più frequenti del malessere diffuso nella società moderna; inoltre, ogni problema intrapersonale genera in breve tempo conflitti interpersonali perché quando la persona non sta bene, non vive bene, sviluppa la tendenza a proiettare sugli altri la causa del proprio malessere. Superficialmente, appare più comodo incolpare gli altri dei propri problemi, ma questa, non solo non è una soluzione alle problematiche conflittuali, bensì è un'aggravante perché così facendo si allarga la sfera della sofferenza. Le persone vicine a chi è veicolo di emozioni negative, infatti, vengono colte dallo stesso malessere, in quanto insoddisfazione, irrequietezza, aggressività, nervosismo e simili, sono contagiosi. La risoluzione dei conflitti deve operare su due piani: quello più semplice ed immediato è verso l’esterno e consiste nell’aggiustare i rapporti con gli altri. Mentre i problemi più difficili da risolvere sono quelli con noi stessi, che spesso non sappiamo di avere, perché creati da atteggiamenti quasi sempre inconsci. La soluzione di questo tipo di problemi richiede un lavoro interiore serio ed una disciplina da seguire; chi non ha voglia di fare questo lavoro a monte, di compiere una serie di aggiustamenti nella propria personalità, è, suo malgrado, costretto a subire le spinte dell’inconscio e le conseguenze, per lo più ignote, dei propri samskara o dei desideri latenti. Abbiamo immense forze da gestire che prima dobbiamo conoscere. È necessario avere una conoscenza, seppur teorica, perché la pratica senza conoscenza è molto rischiosa. Prima di fare l’esperienza, vijnana, occorre jnana, la conoscenza; occorre un quadro teorico di riferimento per potere agire. È assai pericoloso impostare relazioni, matrimoni, società, attività, qualsiasi cosa senza averne la conoscenza necessaria. Ci sono buone probabilità che questi rapporti alla fine risultino fallimentari. Se la relazione si basa sulle spinte dell’ego, i problemi rimangono. Se invece sono incentrate sul livello superiore del divino, su Dio, ogni problematica, se mai dovesse sorgere, poi si risolve. A livello di essere incarnato, d’altra parte, l’ego è l’elemento di interfaccia, perché senza ego non possono esserci relazioni; ma poiché l’ego è fortemente influenzato da vari condizionamenti, paradossalmente, oltre ad essere l’oggetto della relazione, diviene anche l’oggetto del conflitto. Affinché la relazione funzioni senza conflittualità è necessario che i due soggetti siano teocentrici. I conflitti si destrutturano in presenza dell’amore. Un esempio molto elementare è dato dall’oscurità che si destruttura in presenza della luce; non è necessario lottare contro le ombre, basta illuminarle. Non dovete trasformarvi in novelli Don Chisciotte e lottare contro i mulini a vento, è sufficiente avere uno scopo positivo perché tutto ciò che è negativo si trasformi da solo.
(1) Per approfondire lo studio relativo alle funzioni psichiche secondo la Psicologia dello Yoga si consiglia la lettura del libro Pensiero, Azione e Destino di Marco Ferrini.
Tratto da 'Affinità Karmiche e Relazioni Familiari' di Marco Ferrini.
(1) Per approfondire lo studio relativo alle funzioni psichiche secondo la Psicologia dello Yoga si consiglia la lettura del libro Pensiero, Azione e Destino di Marco Ferrini.
Tratto da 'Affinità Karmiche e Relazioni Familiari' di Marco Ferrini.
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi un commento