lunedì 24 agosto 2009

IL MATRIMONIO E LA FAMIGLIA (PARTE PRIMA).
Da una lezione di Marco Ferrini del 13 Maggio 2008.

Famiglia, matrimonio, figli rappresentano un'unica realtà, costituita da elementi da considerarsi nel loro complesso come inscindibili, se non a costo di gravi errori e conseguenti significativi disagi e sofferenze. Intendiamo spiegare questa complessa realtà secondo gli Shastra o testi del pensiero psicologico e filosofico indovedico e secondo gli insegnamenti e le realizzazioni di vita dei Maestri di tale Tradizione, tenendo di conto che viviamo in un’epoca purtroppo molto inquinata da condizionamenti culturali, sociologici e psicologici. Non è facile sottrarsi alla pressione che essi esercitano, permeando ogni sfera del nostro vivere quotidiano e rafforzando a volte nostre tendenze antiche e malsane abitudini contratte a seguito di errori e di cattive impostazioni nel rapportarci a noi stessi e agli altri. Intendendo valutare alcune caratteristiche determinanti che si consiglia di ben valutare per chi desidera intraprendere la vita matrimoniale, il primo elemento fondamentale da prendere in considerazione è il grado di responsabilità della persona che si pensa come futuro coniuge; una responsabilità ovviamente da misurarsi non soltanto a parole ma soprattutto nella realtà dei fatti e nella storia della vita personale del soggetto. Il livello e la qualità della responsabilità che si è in grado di assumere e mantenere nel tempo sono essenziali per ritenersi idonei al matrimonio. Matrimonio significa prole e prole implica educazione, dunque un intenso, complesso e lungo impegno, che nella società di oggi dura come minimo 30 anni di cure assidue dedicate ai figli. Prendere decisioni impulsive, sulla spinta di passioni non sufficientemente elaborate, e indulgere nella cattiva abitudine di accettare e rifiutare – senza opportuna previa valutazione - la persona del coniuge, non è certa una mentalità che si confà a chi desidera vivere nel benessere, il che implica necessariamente “essere – bene”. Il matrimonio richiede fedeltà, che non è una qualità secondaria ma fondamentale, sia nell’uomo che nella donna. La scelta dello sposo o della sposa dovrebbe essere per la vita. Certo si deve prevedere anche il caso di una donna o di un uomo che si separino dal proprio coniuge e si risposino con un'altra persona, ma ciò non dovrebbe essere un fenomeno diffuso - come invece purtroppo avviene oggi - quanto piuttosto un episodio raro, un'eccezione sulla base di motivazioni veramente serie, non certo per superficialità, instabilità di carattere, vulnerabilità o fragilità affettiva, o per una colpevole negligenza nella fase di valutazione e scelta del coniuge. Fintanto infatti che la mente non viene educata ad un'approfondita analisi e continua ad essere trasportata dagli impulsi che s'impongono alla coscienza, non farà altro che perpetrare l'errore muovendosi acriticamente da un oggetto del desiderio ad un altro e ad un altro ancora. Coloro che hanno tali tendenze e conformazioni caratteriali certo non hanno la maturità sufficiente per intraprendere una vita matrimoniale. La castità è un valore essenziale per il matrimonio, ed è un dovere sia per la moglie che per il marito, ma la castità viene ridicolizzata da coloro che credono che questa dimensione sensibile sia l’unica esistente. Tanti oggi pensano che chi crede ancora nella castità sia vittima di inibizioni o che abbia subito un lavaggio del cervello. Ma chi davvero avrà subito questo lavaggio del cervello? Chi pensa che la vita sia limitata ai bisogni del corpo e che difende il motto: “chi può se la goda”, oppure chi crede in una vita dedicata allo sviluppo della persona nel suo complesso, sul piano fisico, psichico e spirituale? Chi sceglie quest'ultima via s'impegna in una disciplina che non è repressiva, che non nega la soddisfazione dei desideri primari assurgendo a castigo paranoico, ma li trasforma e li sublima fino a renderli propedeutici a tappe evolutive ulteriori. Il bisogno di affetto deve essere assolutamente soddisfatto, così come il bisogno di amare ed essere amati, ma per soddisfarli veramente occorre capire qual è la modalità migliore, più idonea e benefica. Se uno mi parlasse di una disciplina di vita che include la rinuncia all’amare e all’amore, definirei quella cosiddetta disciplina una sorta di attacco terroristico, poiché uccide l'essenza stessa della persona; essa sarebbe di fatto insostenibile, come se ci obbligassero ad una dieta che prevede la completa astensione dal cibo. Scambiare affetto è essenziale sul piano psicologico, così come amare è prerogativa irrinunciabile sul piano spirituale. Ma per riuscire davvero ad amare occorre scoprire l'autentico significato di Amore, che non può essere disgiunto dalla consapevolezza dell'esistenza di un Ordine cosmo-etico che regola la vita di tutte le creature, e per il quale vige la legge psicologica della reciprocità, per cui ogni azione che compiamo influenza la nostra coscienza e quel che facciamo agli altri ritorna inesorabilmente su di noi, nel bene e nel male, poiché l’inconscio – come un grande ed infallibile orecchio interno - registra ogni nostro movimento, fisico e mentale. Per questo le Upanishad affermano che comportandosi male si diventa male e si diventa bene se si agisce nel bene.


CONFERENZA
IL VIAGGIO DI DANTE E LA BHAGAVAD GITA
.
Esperienza psicologica di Inferno, Purgatorio e Paradiso per l’uomo contemporaneo.


Il 26 Settembre 2009 a Firenze, nel prestigioso Salone dei 500 dentro Palazzo Vecchio, il Centro Studi Bhaktivedanta ha organizzato una Conferenza dal titolo:

IL VIAGGIO DI DANTE E LA BHAGAVAD GITA.
Esperienza psicologica di Inferno, Purgatorio e Paradiso per l’uomo contemporaneo.

‘L'amor che move il sole e l'altre stelle.’
Nella prestigiosa cornice storico-artistica del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, Marco Ferrini terrà una conferenza nella quale dialogheranno la Divina Commedia e la Bhagavad-Gita, universali monumenti del pensiero occidentale e orientale che, a distanza di molti secoli, ancora ispirano l’uomo moderno nel suo anelito di evoluzione e realizzazione, sia dal punto di vista laico che religioso. Esplorando le convergenze esistenziali tra queste due opere di filosofia perenne, i partecipanti avranno l’opportunità di fare un viaggio in altre dimensioni che rappresentano differenti livelli di coscienza nella ricerca del senso della vita. La Commedia e la Gita sono un compendio d’insegnamenti cosmogonici, antropologici ed escatologici, di filosofia, psicologia, etica e spiritualità. L’intreccio di queste tematiche esprime la sostanziale continuità tra i diversi piani dell’essere e la fitta serie di corrispondenze fra micro e macrocosmo. Se è vero che un’opera è grande nella misura in cui fornisce strumenti teorici e pratici per poter realizzare livelli alti di consapevolezza, e se offre concetti, suggestioni, modelli di vita adatti ad affrontare e risolvere i problemi esistenziali dell’individuo e quelli più complessi della società, allora non è azzardato affermare che la Commedia e la Gita sono scritti di intramontabile valore. L’intento dell’incontro è il disvelamento del significato congiunto delle due opere oltre i noti contenuti storico-letterari e i caratteri di Dante e di Arjuna non solo come pragmatici uomini di Stato ma anche come appassionati ricercatori che, oltre l’adempimento dei loro doveri nel mondo, anelano a realizzare la dimensione spirituale dell’uomo senza negarne l’umanità nel viaggio che dalla selva oscura conduce all’illuminazione e all’amore immortale.

‘La mia vita non è stata che una serie di tragedie esteriori,
e se queste non hanno lasciato su di me nessuna traccia visibile, indelebile,
è dovuto al’insegnamento della Bhagavad-gita.’ Mahatma Gandhi

La conferenza sarà ad ingresso gratuito;
E' gradita la prenotazione comunicando con:

Segreteria CSB:
Telefono: 0587 733730
Mobile: 320 3264838
Email: secretary@c-s-b.org

Per avere un’anteprima degli argomenti trattati guarda il video.

domenica 16 agosto 2009

SULLA SUBLIMAZIONE.
di Marco Ferrini.

La sublimazione è l'arte di trasferire gli impulsi su di un piano superiore, quindi potrebbe essere definita come 'arte della trasformazione dei contenuti psichici. E' fondamentale applicare la propria forza di volontà su piani ideali superiori perché se tale forza s'inclina verso il basso, l'esito sarà il mancato conseguimento dei propri progetti di crescita culturale, psicologica e spirituale, quindi l'insoddisfazione e il concreto rischio di incorrere in numerosi incidenti di percorso. Il processo della sublimazione avviene al più alto livello attraverso la preghiera e la meditazione, ma può essere favorito anche dall'esperienza estetica. Si pensi alla musica o ad una danza, che si esprime attraverso il corpo, la mimica, il ritmo: possono sembrare semplici esercizi estetici, ma attraverso di essi un'energia di natura negativa, talvolta persino distruttiva, derivante da rancori, violenza, inimicizie e simili, può rigenerarsi in energia ecologica e positiva, quel che si fa viene compiuto come atto di offerta al Divino. L'arte di far affluire le energie psichiche a livelli superiori è di grande valore e beneficio. Attraverso quest'arte i gradi di egoismo individuale possono gradualmente essere superati passando a stadi evolutivi sempre migliori: l'interesse può allargarsi dal piano personale a quello familiare, da quello di gruppo ad uno sempre più esteso all'intera compagine sociale, fino a considerare come primario il bene di tutte le creature di qualsiasi specie. L'espansione della benevolenza verso tutti gli esseri viventi porta ad una fratellanza cosmica e alla riscoperta di Dio come origine, seme e sostegno dell'universo in tutte le sue forme e manifestazioni di vita.Ogni esperienza dovrebbe essere considerata come una preziosa opportunità per migliorarsi, senza far distinzione tra amici o nemici, poiché in ogni creatura si dovrebbe vedere un frammento di Dio, sapendo guardare con occhio equanime alla zolla di terra e alla pepita d'oro (si veda Bhagavad-gitaVI.8). La tradizione psicologica della Bhakti offre strumenti teorici e pratici per acquisire questa capacità ed attitudine alla vita, raggiungendo quell'alto livello di consapevolezza che consente di affrontare in maniera costruttiva-evolutiva qualsiasi evento, anche i più dolorosi, senza esserne emotivamente travolti. Gestire la propria emotività è ben più difficile che gestire i propri pensieri. Al contrario di questi ultimi, infatti, le emozioni sono impulsi psichici prodotti dall'interazione di stimoli esterni ed interni che non passano attraverso un processo di razionalizzazione, e dunque non vengono mediati né sufficientemente arginati dall'intelletto (buddhi); come un fiume in piena, tracimano dal piano inconscio verso l'esterno. Spesso la propria comprensione dell'importanza della sublimazione si blocca ad un piano meramente razionale-teorico, senza un esercizio significativo dedicato alla sua realizzazione, ed accade che dall'inconscio fluiscano emozioni che risultano inarrestabili e che operano in senso contrario alla direzione in cui la persona vorrebbe andare. Per superare tali discrasie interne e realizzare sostanziali miglioramenti nella personalità si dovrebbe operare a livello della psiche profonda attraverso gli strumenti della visualizzazione meditativa e dell'immaginazione attiva e superare il piano meramente -intellettuale la consapevolezza del sé ed ascendendo ad una consapevolezza e ad una visione spirituali.

giovedì 6 agosto 2009

L'ESSERE UMANO E LE SUE ENERGIE.
Di Marco Ferrini.



Lo schema sopra riportato rappresenta l’essere vivente nella sua globalità umana e cosmica, con le sue energie bio-psico-spirituali. La terra (bhumi), l’acqua (apah), il fuoco (anala), l’aria (vayu) e l’etere (kham) costituiscono la struttura bio-fisica dell’individuo, mentre l’ego (ahamkara), la mente (manas) e l’intelletto (buddhi) determinano le sue caratteristiche psicologiche. Secondo la psicologia indovedica, le varie energie psicofisiche dell’essere umano hanno come propulsore comune l’essenza spirituale (atman), simbolicamente raffigurata nel cuore, la quale costituisce il nucleo dell’identità del soggetto e l’essenza stessa della vita. L’atman costituisce il centro unificatore di tutte le funzioni vitali, coordina tutti gli elementi singoli e particolari che costituiscono la nostra psiche ed ha il potere di svilupparli, dominarli, dirigerli, comporli in una superiore unità organica. Uno studio analitico, funzionale e strutturale dei fenomeni psicofisici non può dunque prescindere dal riferimento al sé o nucleo vitale energetico e dalla comprensione della sua natura in sinergia con le altre componenti della personalità umana. Nei testi della psicologia indovedica viene evidenziata la sostanziale distinzione tra le energie psicofisiche (prakriti) e l’essenza spirituale dell’essere (atman). Mentre quest’ultima rappresenta l’identità ontologica, profonda ed immutabile dell’individuo, le componenti psicofisiche sono soggette a continue modificazioni nello spazio-tempo, inserite in un contesto storico di impermanenza. Generalmente la coscienza dell’ego, che nella definizione junghiana è costituita dalla somma dei contenuti psichici con cui il soggetto si identifica, è caratterizzata da un flusso incessante e sempre in trasformazione di emozioni, impressioni, pensieri, umori e stati d’animo. Le caratteristiche psico-fisiologiche e situazionali si modificano costantemente, in una perenne transitorietà, ma il nucleo centrale dell’identità della persona rimane inalterato, nella sua essenza identico a sé stesso. I rapporti tra il sé profondo e l’io ordinario empirico, nelle loro connessioni con i vari elementi della vita psichica, costituiscono una realtà complessa, sottile, dinamica che la psicologia indovedica descrive ed analizza con sorprendente scientificità e proprietà di linguaggio.Tali studi apportano un contributo fondamentale anche all’analisi del rapporto tra l’essere umano e la sua percezione ed esperienza della malattia e della morte. Laddove non si è compiuta un’integrazione consapevole con l’esperienza del sé o nucleo vitale di natura spirituale, la personalità attualizzata dell’individuo, il “piccolo io”, che la letteratura indovedica definisce con il termine ahamkara, soffre dell’incapacità di contestualizzarsi a livello socio-cosmico e si carica di conseguenti sofferenze, lacerazioni, angosce e fobie.