martedì 21 dicembre 2010
LA VOLONTA' NELLA BHAKTI di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
lunedì 6 dicembre 2010
RE-IMPARARE AD AMARE. OLTRE LA MATEMATICA DELLE RELAZIONI di Jivashraya Das.
giovedì 18 novembre 2010
L'UOMO OSTRICA (PARTE SECONDA) di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
giovedì 4 novembre 2010
L'UOMO OSTRICA (PARTE PRIMA) di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
mercoledì 27 ottobre 2010
LA GESTIONE DEI CONFLITTI di Marco Ferrini (Matsyavatara Das).
giovedì 7 ottobre 2010
DECONDIZIONAMENTO, ARMONIA E BEATITUDINE di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
martedì 31 agosto 2010
VISIONE E PROMESSA DELL'AMORE NELLA BHAGAVAD-GITA di Caterina Carloni.
martedì 24 agosto 2010
L'ARTE DELL'AZIONE: PROGRAMMARE LA VITA CON CONSAPEVOLEZZA di Marco Ferrini (Matsyavatara Das).
Programmare vuol dire agire con consapevolezza, farsi carico in modo responsabile di come "muoviamo" cose e persone intorno a noi. Possiamo farlo secondo tre dinamiche: col pensiero, con le parole e con le azioni. L'azione nasce dal desiderio (kama), si sviluppa nel verbo (vac) e si conclude generalmente nell'atto fisico (karman). Nei Testi Sacri di ritualistica karman sta solitamente ad indicare l'atto per eccellenza, quello sacrificale, l'azione che, se perfettamente eseguita, contiene già in sé il risultato desiderato. Quando invece l'agire è accompagnato da insufficiente consapevolezza, da bassa coscienza, il risultato può prodursi ugualmente ma distorto, imprevisto, non nella direzione desiderata, bensì, magari, in quella opposta. Per progettare il futuro si deve dunque conoscere molto bene la scienza dell'azione, che include la conoscenza delle reazioni. La dottrina del karman assicura a chi la segue il raggiungimento degli obiettivi desiderati; essa viene esposta in maniera accurata nei capitoli quarto e quinto della Bhagavad-gita.
giovedì 12 agosto 2010
L'ARTE DELLA VITA: PER UNA NUOVA COMPRENSIONE DELLA MORTE di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
È la domanda tipica di un ricercatore spirituale, di chi si sta muovendo in questa direzione e ha già fatto delle esperienze. Una domanda così formulata esprime un livello di consapevolezza che è già oltre il dubbio. Il mondo, la vita, non sono in bianco e nero, non sono solo gioia o dolore; questa è la visione preferita dai bambini, tipica espressione della loro coscienza infantile. Ma gli adulti sanno che tra la gioia e il dolore ci sono infinite sfumature, così come tra il bianco e il nero. Allo stesso modo anche tra la morte e la nascita, o viceversa, vi sono innumerevoli passaggi intermedi che consistono soprattutto in mutamenti di coscienza nel corso di un lungo cammino evolutivo. Considerate il corpo di un bambino. Io ho dei figli, li ho visti nascere, crescere e ora sono adulti: dove sono adesso i loro corpi da infanti? Non ci sono più; quelli che indossano al momento hanno poco in comune con i precedenti, con quelli con i quali sono nati e cresciuti, mentre loro, come persone, come individui, sono inequivocabilmente gli stessi.
venerdì 23 luglio 2010
mercoledì 21 luglio 2010
LA FUNZIONE POSITIVA DELLE EMOZIONI NEGATIVE (PARTE SECONDA) di Diana Vannini.
lunedì 12 luglio 2010
LA FUNZIONE POSITIVA DELLE EMOZIONI NEGATIVE (PARTE PRIMA) di Diana Vannini.
mercoledì 30 giugno 2010
TECNOLOGIA DEL SANTO NOME E I RAPPORTI TRA I VARI LIVELLI DI PSICHE E COSCIENZA (PARTE SECONDA) di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
martedì 22 giugno 2010
TECNOLOGIA DEL SANTO NOME E I RAPPORTI TRA I VARI LIVELLI DI PSICHE E COSCIENZA (PARTE PRIMA) di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
(1) Visualizzazione di un certo livello di realtà metafisica.
(2) Lett. 'forma', non solo grafica.
(3) Lett. 'Modificazioni mentali, vibrazioni, vortici'.
(4) Canto dei Nomi divini
(5) Vibrazioni che partono dai ricordi e impressionano di nuovo la mente.
(6) 'Ricordo'. Il termine si forma sulla radice sanscrita smri, 'ricordare', cui corrisponde etimologicamente l'italiano 'memoria'.
(7) Letteralmente il ricordo di Dio attraverso il canto dei Suoi Santi Nomi.
Tratto dal testo 'Divinità, Umanità e Natura' di Marco Ferrini di cui si consiglia la lettura per un approfondimento del tema.
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lunedì 14 giugno 2010
COME SI FA A GUARDARSI DENTRO di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
lunedì 7 giugno 2010
LA VERA FELICITA': ANANDA di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
giovedì 3 giugno 2010
DIALOGO TRA BHAGAVAD-GITA E DIVINA COMMEDIA. IL SENSO DELLA VITA E DELLA MORTE, DELLA RINASCITA E DELL'AMORE.
Palazzo Vecchio - Piazza della Signoria, Salone dei Cinquecento, Firenze.
Relatore: Marco Ferrini, Fondatore e Presidente del Centro Studi Bhaktivedanta.
'L'amor che move il sole e l'altre stelle'.
Nella prestigiosa cornice storico-artistica del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, Marco Ferrini terrà una conferenza nella quale dialogheranno la Divina Commedia e la Bhagavad-Gita, universali monumenti del pensiero occidentale e orientale che, a distanza di molti secoli, ancora ispirano l’uomo moderno nel suo anelito di evoluzione e realizzazione, sia dal punto di vista laico che religioso. Esplorando le convergenze esistenziali tra queste due opere di filosofia perenne, i partecipanti avranno l’opportunità di fare un viaggio in altre dimensioni che rappresentano differenti livelli di coscienza nella ricerca del senso della vita. La Commedia e la Gita sono un compendio d’insegnamenti cosmogonici, antropologici ed escatologici, di filosofia, psicologia, etica e spiritualità. L’intreccio di queste tematiche esprime la sostanziale continuità tra i diversi piani dell’essere e la fitta serie di corrispondenze fra micro e macrocosmo.Se è vero che un’opera è grande nella misura in cui fornisce strumenti teorici e pratici per poter realizzare livelli alti di consapevolezza, e se offre concetti, suggestioni, modelli di vita adatti ad affrontare e risolvere i problemi esistenziali dell’individuo e quelli più complessi della società, allora non è azzardato affermare che la Commedia e la Gita sono scritti di intramontabile valore.
e se queste non hanno lasciato su di me nessuna traccia visibile, indelebile,
è dovuto al’insegnamento della Bhagavad-gita’.
venerdì 28 maggio 2010
LA FISIOLOGIA DEL DESIDERIO di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
Nel terzo capitolo della Bhagavad-gita Krishna analizza psicologicamente la fisiologia del desiderio. Ad una domanda cruciale di Arjuna: "O discendente di Vrishni, cosa spinge l'uomo a commettere errori anche quando non lo desidera, come se vi fosse costretto?", Krishna risponde: "E' lussuria soltanto, o Arjuna. Essa nasce dal contatto con l'influenza materiale della passione poi, trasformandosi in collera, diventa il nemico devastatore del mondo e la sorgente di ogni peccato(2)". Il desiderio frustrato produce collera, la quale scarica una serie di negatività sugli organi che governano il corpo e produce sofferenza, distruzione della memoria, del sapere e di conseguenza anche dell'equilibrio. Come ben sappiamo, vi sono persone che hanno pagato due soli minuti di collera con venti anni di galera o con la rovina totale sul piano fisico ed economico, oltre che su quello delle relazioni sociali. Quindi la collera va evitata, ma per poter far ciò occorre gestire il desiderio con molta attenzione. Nella Katha-upanishad come nella Bhagavad-gita vengono descritti la materia inerte (prakriti), i sensi (indriya), la mente (manas) ed infine l'intelligenza (buddhi). Nel terzo capitolo della Bhagavad-gita(3), Krishna spiega come la persona che è situata nel sé riesca a dominare e quindi a governare ed armonizzare gli impulsi sensoriali senza reprimerli. Non serve a nulla rimuovere, dimenticare, nascondere tra le pieghe della mente, perché questa lancerà comunque i suoi strali di protesta, disturbando tutte le funzioni dell'individuo, nel sonno e nella veglia. Il Supremo ha un altro piano: gestire l'energia inferiore elevando la coscienza e acuendo la consapevolezza. La trasmigrazione dell'essere da un corpo ad un altro è un fenomeno che avviene proprio in forza dei desideri coltivati e delle azioni compiute. Esiste una sostanziale causalità tra desiderio ed azione: il primo è infatti il seme della seconda. Il piano fisico è l'ultimo sul quale si manifesta la realtà; l'azione ha la sua origine nel desiderio, poi passa alla fase verbale per esplicitarsi infine sul piano degli elementi fisici. E' dunque essenziale comprendere bene la genesi e le dinamiche dell'agire per non ritrovarsi inermi di fronte a fatti compiuti, incapaci di gestire il proprio presente e di progettare il proprio futuro.
(1) Brihadaranyaka-upanishad IV.4.5. Traduzione ripresa da Upanishad Vediche, a cura di Carlo della Casa. Torino, UTET, 1976. P. 77.
(2) Bhagavad-gita III.36-37. La traduzione è di chi scrive.
(3) Cfr. Bhagavad-gita III.37-43.
Tratto da "Vita, Morte e Immortalità".
venerdì 14 maggio 2010
IL COMPLESSO DI COLPA di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
Come il senso di inferiorità, il senso di colpa non è qualcosa di patologico di per sé. Noi possiamo provare tutti giorni un senso di colpa o un senso d'inferiorità, l'importante è saperlo gestire, saperlo armonizzare, saperlo riportare a una costruttiva operatività. Il senso d'inferiorità può infatti infondere uno stimolo a studiare, ad imparare meglio una performance, a frequentare persone più sagge o più lungimiranti di noi e dunque, se saputo gestire, è stimolante. Allo stesso modo il senso di colpa costituisce di per sé un indice di salute psichica, di buona coscienza e può rappresentare uno stimolo a migliorare la nostra performance morale, etica; può costituire un incentivo a diventare più utili per gli altri, non solo a ripagare danneggiamenti che abbiamo compiuto in quanto esseri umani fallaci. Il senso di colpa, così come il senso di inferiorità, non deve però degenerare in un'angoscia continua, la quale produrrebbe una serie di comportamenti distruttivi verso sé stessi e verso gli altri. Entrambi questi “sentimenti” rischiano di diventare complessi quando scivolano nell'inconscio e la persona che ne è affetta, non essendone più consapevole, si ritrova proiettata in coazioni a ripetere non sapendo perché sta mettendo in atto certi comportamenti distruttivi. Il senso di colpa può essere utilizzato costruttivamente impegnandosi in attività sociali quali la beneficenza ed il volontariato, tentando di alleviare le altrui sofferenze e problematiche; se infatti aiutiamo gli altri a realizzarsi, il nostro senso di colpa scompare.
Tratto da “Io e gli altri nel gioco della vita”, Corso serale di 3 lezioni tenute presso l'Aula Magna Fondazione Studi Bhaktivedanta, 20, 27 Novembre e 4 Dicembre 2008.
mercoledì 5 maggio 2010
IL SENSO D'INFERIORITA' di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
Tratto da “Io e gli altri nel gioco della vita”, Corso serale di 3 lezioni tenute presso l'Aula Magna Fondazione Studi Bhaktivedanta, 20/27 Novembre e 4 Dicembre 2008.
lunedì 26 aprile 2010
SULL'ORIGINE DEI CONFLITTI di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
Tratto da “Io e gli altri nel gioco della vita”, Corso serale di 3 lezioni tenute presso l'Aula Magna Fondazione Studi Bhaktivedanta, 20/27 Novembre e 4 Dicembre 2008.
lunedì 12 aprile 2010
L'IMPORTANZA RELATIVA E ASSOLUTA DEGLI ALTRI di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
Tratto da “Io e gli altri nel gioco della vita”, Corso serale di 3 lezioni tenute presso l'Aula Magna Fondazione Studi Bhaktivedanta (20 e 27 Novembre, 4 Dicembre 2008).
lunedì 29 marzo 2010
LIBERARSI DAL FALSO EGO di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
domenica 7 marzo 2010
CSB Counseling (Terza parte) Castello della Rancia, Tolentino 2010
Il contatto del counselor con la voce, i bisogni e le necessità dell'anima Convegno a Tolentino, intervento di Marco Ferrini
CSB Counseling (Seconda parte) Castello della Rancia, Tolentino 2010
Il contatto del counselor con la voce, i bisogni e le necessità dell'anima Convegno a Tolentino, intervento di Marco Ferrini
CSB Counseling (Prima parte) Castello della Rancia, Tolentino 2010
Il contatto del counselor con la voce, i bisogni e le necessità dell'anima Convegno a Tolentino, intervento di Marco Ferrini
Seminario CSB: Antropologia nella Bhagavad-gita
Albettone (VI), 1-5 Aprile 2010
Prabhupadadesh - Via Roma 9, Albettone (VI)
Relatore: Marco Ferrini, Fondatore e Presidente del Centro Studi Bhaktivedanta
Seminario residenziale.
Il programma prevede:
- pratiche di antiche vie di realizzazione interiore: mantra e meditazione
- lezioni di yoga e pranayama
- workshops: laboratori di gruppo sul tema del seminario
- filmati, letture, musica, teatro
- alimentazione vegetariana secondo i principi dello Yoga e dell'Ayurveda
Informazioni e Prenotazioni
Segreteria CSB
0587 733730
320 3264838
secretary@c-s-b.org
mercoledì 3 marzo 2010
DIPENDENZA D'AMORE: COME LA CHIMICA CEREBRALE SOPPIANTA IL ROMANTICISMO IN UNA VISIONE MATERIALISTICA DELL'AMORE di Diana Vannini.
Ciò che anche nei film viene rappresentata come “attrazione fatale” o passione incontenibile, altro non è che il susseguirsi a cascata di una serie di reazioni neurali e neuroendocrine che, se non orientate dalla Coscienza verso un obiettivo evolutivo e lasciate agire solo come esito di stimolazioni sensoriali, attivano un circuito automatico di risposte, loop che si rigenera in autonomia e che, strutturandosi sempre di più, può intrappolare come una vera e propria droga. Una recente ricerca condotta da Susan Fiske, docente della Princeton University, ha smontato persino il mito della conquista del cuore dell'amato attraverso un corpo seducente ed ammaliante, evidenziando come il cervello maschile, dopo la visione di immagini femminili a sfondo sessuale, percepisca la donna come un oggetto e non come una persona con la quale relazionarsi. Questo importante risultato è stato validato dall'analisi di un campione maschile, in cui i soggetti erano invitati ad osservare immagini di donne in bikini, mentre la loro attività cerebrale veniva monitorata attraverso risonanza magnetica funzionale. Dallo scanning è emerso che le aree che si attivavano durante l'osservazione di tali immagini erano quelle corrispondenti all'anticipazione dell'utilizzo di utensili quali chiavi inglesi e cacciaviti, relative cioè alla corteccia premotoria, mentre si disattivavano le aree cerebrali connesse all'empatia e alla comprensione emotiva della persona. Dunque può esserci una conquista sì, ma non di certo del cuore. Anche se questo studio è stato momentaneamente condotto solo verso soggetti maschili, certo è che, per entrambi i generi, stimoli sessuali esterni (suoni o immagini) o interni (pensieri o fantasie) all'individuo determinano lo scatenarsi di sequenze di reazioni endocrine e neurali. In particolare si è osservato che il vortice di passione che travolge due amanti è sotteso principalmente dall'azione di una molecola, la feniletilamina (PEA), costantemente prodotta dall'organismo, ma la cui concentrazione cresce significativamente in seguito ad un desiderio sessuale. Tale molecola, raggiungendo livelli elevati, può indurre i medesimi effetti delle anfetamine (entrambe agiscono sugli stessi recettori) e favorisce il rilascio di dopamina, neurotrasmettitore che, quando raggiunge il massimo della concentrazione ematica, scatena l'irrefrenabile impulso all'orgasmo ed innalza il tono dell'umore all'euforia, all'eccitazione e all'entusiasmo (alte concentrazioni di dopamina sono infatti presenti nei Disturbi Affettivi di tipo Maniacale). Producendo questo piacere euforico, la dopamina è implicata nel circuito cerebrale di ricompensa, ovvero regola i processi emozionali legati alla soddisfazione di bisogni quali la fame, la sete, il desiderio sessuale, il successo nella lotta, nella competizione e nella fuga da uno scampato pericolo; è dunque correlata alla fisiologia del rinforzo psicologico e quindi determinante nei processi d'apprendimento, inducendo la ripetizione del comportamento piacevole fino al punto da poter causare il rischio di sviluppare una vera e propria dipendenza del soggetto da tale comportamento. L'attività sessuale è regolata anche da un altro importante neurotrasmettitore, la serotonina, anch'essa importante per l'innalzamento del tono dell'umore: alti livelli di serotonina sembra siano importanti per una maggiore selettività nella scelta del partner, mentre bassi livelli sembra portino ad una minore discriminazione in tal senso. Livelli alti di dopamina e serotonina dipendono da buoni livelli di testosterone (sia nell'uomo, sia nella donna), per questo, bassi livelli di testosterone sono correlati ad un calo del desiderio e si possono trovare in correlazione con Disturbi Depressivi (in cui uno degli aspetti più rilevanti è la carenza di dopamina). Allo stato di benessere prodotto da dopamina e serotonina, si aggiunge un'agitazione generale determinata dalla noradrenalina che, oltre a suscitare anch'essa eccitazione ed entusiasmo, riduce l'appetito, quale attività contrastante l'atto erotico, dal quale tutta l'attenzione e le risorse vengono assorbite. Inoltre promuove la contrazione delle vene degli organi sessuali, trattiene il sangue mantenendo a lungo l'erezione e regola la produzione di adrenalina: durante l'esperienza sessuale ne induce il rilascio con conseguente aumento del battito cardiaco, della respirazione e della pressione sanguigna, da cui ha origine, per esempio, il rossore del viso. Anche altri neuromediatori intervengono nell'eccitazione sessuale: le encefaline, che normalmente sono deputate allo stimolo della fame, all'induzione dell'aggressività predatoria e alla modulazione del rapporto piacere/dolore e, che essendo rilasciate abbondantemente nella fase preorgasmica, favoriscono la tolleranza al dolore e sembrano sostenere la parafilia sessuale masochistica, nei soggetti predisposti in tal senso. In seguito al “fuoco” acceso dalla feniletilamina, mentre il flusso ematico, attraverso l'ossido nitrico inonda gli organi genitali e lì permane grazie alla noradrenalina, mentre insorge lo stato febbrile dell'eros provocato principalmente dalla dopamina, nell'organismo si produce, immediatamente dopo l'orgasmo, un ormone che induce l'affettività e la voglia di carezze e dolce contatto cutaneo seguenti il rapporto: l'ossitocina. Questa viene definita "ormone dell'amore" anche in quanto, nel partner femminile, promuove il comportamento materno, stimolando l'affettività e la voglia di prendersi cura del bambino, induce inoltre le contrazioni muscolari durante il parto, che permettono di spingere il bambino fuori dall'utero e durante l'allattamento, che convogliano il latte in dotti più ampi, facilitando le poppate del neonato. Questo ruolo agisce anche nell'ambito della coppia rafforzando l'attaccamento emotivo e potenziando i meccanismi della memoria che fissano ricordi emotivi positivi, tralasciando gli aspetti dolorosi, per esempio induce il ricordo dell'emozione del tenere il bimbo neonato in braccio per la prima volta, inibendo il ricordo del parto. Nel partner maschile, responsabile del periodo refrattario che segue l'eiaculazione, è anche un altro ormone: la vasopressina, la quale smorza anche l'impeto aggressivo, induce l'appagamento e la tendenza a mantenere la relazione stabile. Infine, un neuropeptide importante secreto in maniera massiccia durante la Reazione Orgasmica e che ha il compito di smorzare il desiderio erotico è la beta-endorfina, che ha un tasso ematico consistente tanto quanto più è intenso e soddisfacente è l'orgasmo. La beta-endorfina appartiene alla classe delle endorfine, oppiacei endogeni che hanno i medesimi recettori ed effetti di oppiacei esogeni quali cannabis o eroina. Anche le endorfine per il ruolo inibitorio su alcuni neuroni, in particolare nocicettivi e per la funzione di regolazione del tono dell'umore, fanno parte del circuito di ricompensa cerebrale e possono indurre dipendenza o assuefazione. Da notare è come il fuoco della passione determinato dalla feniletilamina, destinato a spegnersi per il rilascio di ossitocina ed endorfine, dopo aver consumato l'atto, possa ad un certo punto necessitare di nuovi stimoli sessuali per essere aizzato, scatenandosi un “duello” interiore fra due piaceri: l'eccitazione euforica indotta dalla fenietilamina e in seguito dalla dopamina e l'attaccamento pacato, rilassante e rassicurante indotto dall'ossitocina e dalle endorfine, conflitto che, se non risolto, può portare alla concupiscenza di più relazioni simultanee che possono, entrambe, determinare dipendenza. L'assuefazione con crescente tolleranza alle sostanze endorfiniche, determinata da fattori genetici, è la causa della “Dipendenza da Reazione Orgasmica” in cui l'incremento endorfinico prodotto dall'orgasmo non è più sufficiente a smorzare il desiderio erotico e quindi i soggetti sono portati a ripetere sempre più ulteriori orgasmi onde evitare l'instaurarsi della sindrome d'astinenza. E' questo il meccanismo sulla base del quale si fonda in generale il principio della dipendenza: se determinati recettori vengono bombardati a lungo ed intensamente da una droga o dalla relativa sostanza stimolante, rimpiccioliranno, diminuiranno di numero o si desensibilizzeranno, per cui sarà necessaria una dose sempre più massiccia di sostanza stimolante per produrre gli stessi effetti che, prima, ne richiedevano meno. Questo effetto è noto sia nell'uso di droghe appunto, sia nelle cosiddette dipendenze emozionali, da cui non fa esclusione il sesso, per cui la soluzione è nel cercare di non innescare il meccanismo, nel non sviluppare la cattiva abitudine che può poi suscitare dipendenza. Il “sesso facile” dell'era moderna, non aiuta certo questo distacco. Siamo circondati da immagini, richiami, stimolazioni di ogni genere che riducono a scambio di fluidi quella che dovrebbe essere una relazione tra esseri spirituali. La Tradizione Indovedica descrive infatti tre piani antropologici dell'individuo: il piano fisico, il piano psichico ed il piano spirituale. Il pericolo di dipendenza si ingenera quando i tre piani non sono armonizzati, o meglio quando i primi due livelli più superficiali non sono al servizio del livello più vero e reale del soggetto: egli stesso, quale anima, atman. L'anima è eterna e immutabile come Krishna ricorda ad Arjuna nella Bhagavad-gita: Sappi che non può essere annientato ciò che pervade il corpo. Niente può distruggere l’essere spirituale. Il corpo fisico è certamente destinato alla distruzione, ma l’essere spirituale è incommensurabile ed eterno, perciò abbi fede nella continuità della vita. Non possiede vera conoscenza colui che crede che l’anima possa perire, l’anima infatti non muore, l’anima è non nata, eterna.(Bhagavad-gita II.17-19). Come una persona lascia abiti usati e logori per indossarne di nuovi, così l’anima si riveste di nuovi corpi fisici, abbandonando quelli vecchi e inutili. (Bhagavad-gita II.22). "La struttura psicosomatica dell’essere umano non ha vita propria ed è priva di coscienza. È l’atman il testimone senziente, è l’atman che funge da centro unificatore di tutte le attività psicofisiche e quando l’anima esce dal corpo la vita cessa e la struttura fisica assume il tipico aspetto cadaverico. Se possiamo sentire dolore o piacere in una qualsiasi parte del corpo è in virtù della presenza dell’atman, perché essa irradia la propria luce cosciente in tutta la struttura fisica. L’atman non appartiene alla dimensione fisica, è come la definizione del centro in un cerchio: non ha altezza, non ha profondità, non ha spessore, non ha larghezza, non ha peso; non ha niente ma non esisterebbe il cerchio senza di esso. Conoscere le persone solo sul piano corporeo e affezionarsi ai loro aspetti esteriori è un errore gravissimo, è un investimento fuorviante dalla vera conoscenza e dall’amore. […] Amare non significa demonizzare o negare l’eros o il corpo, ma imparare ad utilizzarli in maniera corretta; il corpo e la psiche umana sono in assoluto lo strumento più prezioso per operare nel mondo e rendere la propria vita un trionfo d’amore, che è veramente autentico quando è propedeutico alla nostra evoluzione interiore. Il corpo è uno strumento che può essere utilizzato per la nostra evoluzione. Le passioni morbose e l’eros nascono da una visione limitata e dalla degenerazione del concetto di amore, ma possono essere riconvertite e ben orientate attraverso un processo di rieducazione della personalità finalizzato alla realizzazione spirituale. Anche le pulsioni e le emozioni sono uno strumento che possiamo utilizzare, ma solo se possediamo abbastanza maturità da non identificarci con esse, diventando noi in grado di decidere come servircene e imparando a renderle propedeutiche alla nostra evoluzione nel viaggio coscienziale che dall’inconsistente eccitazione dell’eros porta alla beatitudine del vero amore". (tratto da "Dall'Eros all'Amore" di Marco Ferrini). Se è l'ego a trionfare allora la ricerca di gratificazione innescherà un meccanismo incessante di autosoddisfazione che, laddove ottenuta, rischierà di incatenarci inestricabilmente all'oggetto esterno che la produce, mentre se non soddisfatta originerà inevitabilmente frustrazione e sofferenza. “La comparsa non permanente della gioia e del dolore, e la loro scomparsa nel corso de tempo, sono simili all'alternarsi dell'inverno e dell'estate. Gioia e dolore sono dovuti alla percezione dei sensi, o discendente di Bharata, e si deve imparare a tollerarli senza esserne disturbati” (Bhagavad-gita II.14). Mentre se è la Coscienza profonda a governare e orientare il nostro desiderio di dare e ricevere amore, allora i neurotrasmettitori saranno consequenziali a questo impulso dell'anima, effetti corporei di un moto profondo, manifestazioni di una gioia che è tutta interiore e quindi non a rischio di dipendenza.
venerdì 19 febbraio 2010
VIVERE NEL MONDO SENZA ESSERE DEL MONDO. Pensieri, Riflessioni e Realizzazioni del Mattino (18 Agosto 2007) di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
Come ci sono pratiche purificatorie per il corpo ci sono pratiche purificatorie per la mente. Purificando continuamente la struttura psichica si ottiene un beneficio per certo di grande valore ed e' la conseguenza della purificazione della psiche che ci porta a vivere in sintonia con energie più pure e positive dell'Universo, più luminose; mentre al suo contrario la contaminazione psichica, l'intrattenere pensieri ed emozioni patologiche come l'invidia, la gelosia, l'attaccamento, ci porta a vivere sincronizzati con energie paralizzanti dell'Universo. Quando ci purifichiamo con pratiche spirituali costanti, alzandoci presto al mattino, sappiamo che riceviamo visione e sicurezza. Sviluppare una visione lungimirante, capacita', comprensione delle dinamiche sottili che operano dentro e fuori di noi, maturare chiarezza e distacco emotivo, tutto ciò permette di non cadere in errori. Se al mattino ci svegliamo con il desiderio di essere leali, generosi, rispettosi, affettuosi, se intratteniamo questo sentimento tutto il giorno, alla fine della giornata avremo un conto positivo e anche se osserveremo errori fatti potremo recuperarli il giorno successivo. Porci in un ambiente psichico negativo ci espone, al contrario, a forze buie, pesanti. Quando valorizziamo l'altro, sospendiamo giudizi negativi su comportamenti sbagliati, giudichiamo da un punto di vista più alto e capiamo che e' nelle potenzialità dell'essere umano riscattarsi da difetti e piccolezze, che dire di persone che sono già gemme luminose per la loro gentilezza e bontà, siamo in una posizione che facilita la crescita personale. Le pratiche spirituali di ogni tradizione ci predispongono al bene, sono forze reali. Quando l'essere diventa cosciente di sé e utilizza questa immagine temporanea (essere donna, uomo, madre, nonna, figlio, imprenditore, docente, artista, padre) per operare nel mondo in modo strumentale alla realizzazione spirituale, troverà un appagamento profondo e sempre più stabile. Non soffermatevi troppo nella cura estetica di voi stessi! L'essenziale e' che siate puliti. Krishna dirà ad Arjuna: Contemplando l'oggetto dei sensi ci si identifica con esso. Il mondo e' bello e buono se lo sappiamo accogliere. Impariamo a rivolgerci agli altri sempre con parole dolci che allietano il cuore, augurando il bene a tutti, quel che e' dato e' reso. Assaporate le emozioni positive e sattviche, archiviatele con cura e tiratele fuori al momento giusto. L'arte di vivere e' ottimizzare la forma umana diretti verso l'esperienza dell'amore puro (senza danni collaterali). Quando si eleva la coscienza le parole non vengono più percepite solo con la mente e si può accedere ad una dimensione alta che ci permette di prendere le distanze dal mondo traendo contestualmente massima soddisfazione da esso, ricordando la sua transitorietà e origine divina. Fare tutto ma dedicarlo alla Realizzazione Spirituale.
mercoledì 10 febbraio 2010
L’INFLUENZA DEL SUONO SULLA PSICHE (SECONDA PARTE). Collaborazione tra Università degli Studi di Siena e Centro Studi Bhaktivedanta. Intervista a Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
5) La musica agli inizi era un fatto assolutamente spirituale, elevatissimo e culturale, mentre oggi conosciamo e sentiamo musica a tutti i livelli, per tutte le occasioni, riguardanti però il modo esteriore di vivere in questa civiltà. La musica occidentale non opera con i suoni. Non si preoccupa delle emozioni dei suoni, ma solo delle emozioni del pubblico che ascolta. Crede che questo accade perché in occidente abbiamo sottomesso la natura?
Questa domanda apre una finestra su un panorama molto interessante che, se lei crede vada oltre le dimensioni di questa intervista, ne farà l’uso che riterrà più opportuno. Io non rinuncio a darle l’aspetto ulteriore perché la formulazione stessa della domanda presuppone un aspetto trascendente. E’ vero che la musica all’inizio era sacra, perché accompagnava il sacrificio per la trasformazione dell’esistenza. Ogni atto, con gravi e importanti responsabilità, veniva reso sacro e solenne dalla musica. La musica serviva da accompagnamento ai mantra, che già di per sé sono musicali. Il Rig Veda è il testo più antico dell’umanità e riguarda la scienza fisica e metafisica; per il sacrificio, le cui regole vengono canonizzate nello Yajurveda, nasce il Samaveda, che è il Veda della musica. La musicalità strumentale è inferiore rispetto a quella della parola. La verità è musica di per sé, è la musica divina trasformante, che trasforma l’ambiente e le persone. Grandi leaders dell’umanità hanno trasformato masse intere con racconti e parabole, metafore. Oggi la musica si consuma, non la si utilizza come un mezzo trascendentale in senso kantiano, ma come uno dei tanti oggetti usa e getta, perciò si è dissacrata, diventata soggetta alla moda, roba da spazzatura. Chi la produce ha abusato della musica, rendendola uno strumento di consumo. La musica serviva per accompagnare un atto sacro, per trasformare in sacro ciò che sacro non era. Era utilizzata come un’astronave per andare in altre dimensioni, in altri livelli di realtà. Ora l’atteggiamento e l’attitudine sono ben diversi ed è evidente che portino a risultati diversi. L’uomo moderno teorizza la musica in modo distratto, mentre fa altre cose, la musica quindi risulta un sovrappiù, un accessorio superficiale, come del profumo indossato banalmente e non per un'occasione speciale. Oggi si usa la musica per narcotizzare, stordire, indurre, ipnotizzare. I suoni sono sempre nell’aria, come i colori sono sempre a disposizione sulla tavolozza, ma l’artista che fa con quei suoni una musica celeste, aiuta a trascendere e ci rimanda ad altri mondi, alla gioia essenziale che non dipende dall’esterno ma zampilla naturalmente dal nostro cuore.
6) L’incontro con un vero Maestro produce smarrimento. Cos’è per lei un Maestro?
Il Maestro dà senso alla nostra vita, ci fa comprendere l’orientamento da dare alla nostra vita, illumina la via non soltanto con gli insegnamenti, che sono l’opera per eccellenza del Maestro, ma con il suo esempio di vita. E’ un parto quello che fa il Maestro. Il discepolo nasce dal Maestro, per il sacrificio del Maestro. Per il discepolo il Maestro è la somma del padre e della madre, del cibo, della sostanza vitale, dell’aria, della luce, perché egli viene alla luce e alla conoscenza attraverso il Maestro. Uno dei più antichi mantra del Gautama Tantra recita: “ Omaggi al guru che ha dissipato le tenebre dell’ignoranza dai miei occhi, restituendomi la vista con la torcia della luce spirituale”. Il Maestro è per definizione Vachashpati: il signore della parola, la parola creatrice, di speranza; la compassione è tipica del Maestro ed il modello in cui imposta la sua vita rappresenta l’esempio costante ed eterno per il discepolo.
7) Kant disse: “ L’ascolto di un Corale evangelico mi dona una serenità che la filosofia non mi dà” Perché? Dove agisce la musica?
Kant, come si sa, è stato un grande filosofo occidentale. La rivoluzione kantiana ha, nella filosofia, la stessa importanza della rivoluzione copernicana nell’astrofisica. Kant è sicuramente una pietra miliare nell’evoluzione del pensiero umano e, soprattutto in Occidente, rappresenta un punto di svolta e un modello straordinario. Dunque, Kant riponeva una grande fiducia nella filosofia, ma intelligentemente, a conferma del genio che era, conosceva anche i grandi limiti della filosofia stessa. Che cos’è la filosofia? E’ l’impresa del genio intellettuale umano. L’intelletto umano ha il proprio campione nella filosofia ed è l’utilizzo della ragione, quindi della funzione logico-razionale, fino alle sue estreme conseguenze. La grandezza di Kant è collegata al fatto che lui afferma che c’è una dimensione chiamata trascendente, cui la mente non può giungere. Kant afferma che la filosofia non può giungere alla dimensione della trascendenza, indica in tal modo il limite della filosofia, della logica razionale: la contraddizione. Quando la logica arriva alla contraddizione, ovvero all’antinomia, si blocca e va in tilt, crolla. La filosofia dunque ha dei limiti: quando incappa in una coppia di opposti, in una contraddizione in termini, c’è l’annullamento del pensiero razionale. Kant dice di trovare una serenità, una pace, un’ispirazione nella musica perché evidentemente va oltre la filosofia; la musica è capace, come strumento, di raggiungere quella dimensione di trascendenza, così egli si rifà alla musica per quelle altezze che non riesce a raggiungere con la filosofia. Naturalmente parla di canti composti in spirito ascetico, non bisogna dimenticarlo, dunque non sono canti che ricercano la mera gratificazione dei sensi.
8) Cos’è per lei la creatività? Deve aderire ad un ordine? Richiede sottomissione a qualcosa?
Ci sono vari livelli di creatività, come ci sono vari livelli di libertà. Per diventare liberi bisogna aver aderito prima a delle norme. Solo quando abbiamo fatto esperienza delle regole ce ne possiamo liberare. Il disegno dal vero prima di diventare spontaneo deve essere copia. Quando una copia diventa l’arte dell’osservazione, quando si è capaci di rilevare gli aspetti più salienti della verità, allora si può assurgere a un modello di creatività compositiva e di realtà spontanea, ma non prima. Prima bisogna esercitarsi all’interno di norme che regolano la nostra creatività. Assoggettandosi alle leggi e poi superandole si diventa liberi. A quel punto, quello che noi chiamiamo creatività libera è in realtà un aderire a principi superiori che non sono leggi opprimenti, ma inscritte nel nostro cuore: ciò che i Veda chiamano Dharma. Dharma significa ordine etico universale che ci rende liberi nella misura i cui noi ci armonizziamo con esso. E’ una libertà che a sua volta è un canone di ordine superiore che però non opprime. Questa massima libertà che viene accolta come un’utopia nel mondo fenomenico, esiste in un sovramondo come ordine superno che non si vede ma c’è. Non si vede perché non ha contraddizioni. La vera creatività sembra che non sottostia alle leggi perché è nell’ordine, ma quest’ordine è di per sé legge, che non costringe, non chiude, ma libera. Essere retti vuol dire aderire all’ordine etico universale che è la rettitudine. Quando sei nella rettitudine non devi sottostare ad essa perché sei la rettitudine: è come dire “un pesce non si bagna perché è nel mare”. La creatività necessità di leggi, regole, norme, per costituirsi al più alto livello e poi vive in norme superiori e non si interessa più delle norme inferiori. In seguito non ci sarà più necessità del modello, perché il modello vive dentro.
mercoledì 3 febbraio 2010
PSICOLOGIA E SPIRITUALITA' DELL'INDIA. CONOSCERSI, MIGLIORARSI E REALIZZARSI CON LA PSICOLOGIA E LA SPIRITUALITA' DELLO YOGA Marco Ferrini
Relatore: Marco Ferrini, Fondatore e Presidente del Centro Studi Bhaktivedanta.
Corso serale in 3 lezioni tenute presso l'Aula Magna Fondazione Studi Bhaktivedanta, Via Gramsci, 64 - Ponsacco (PI).
Le lezioni saranno tenute dalle ore 20.30 alle ore 22.30 nelle seguenti date:
3, 10 e 17 Febbraio 2010.
21, 23 Gennaio 2010 Presentazioni a Tema.
INFORMAZIONI:
Segreteria CSB
Telefono: 0587 733730
Mobile: 320 3264838
FAX: 0587739898
secretary@c-s-b.org
lunedì 1 febbraio 2010
L’INFLUENZA DEL SUONO SULLA PSICHE (PARTE PRIMA). Collaborazione tra Università degli Studi di Siena e Centro Studi Bhaktivedanta. Intervista a Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
L’ascolto attiene a vari stati di coscienza. Esistono diversi modi di ascoltare. L’ascolto è una modalità dell’essere. Quando noi vogliamo che qualcosa entri profondamente dentro e ci pervada, ascoltiamo in un modo. Quando invece cerchiamo solo un’informazione banale, di limitata utilità, ascoltiamo superficialmente. Se vogliamo cogliere un insegnamento profondo, una verità sulla quale siamo pronti a strutturare la nostra vita, per dare un senso alla nostra esistenza, allora ascoltiamo con differente attitudine. L’ascolto dunque ha varie profondità che corrispondono all’interesse che ci anima. Quando l’interesse è alto, sicuramente l’ascolto è molto profondo. C’è un ascolto di informazioni che vengono dall’esterno, che pur essendo preziose non sono quelle di massimo pregio, quanto invece quelle che provengono dalla nostra interiorità, ascoltando le quali capiamo che cosa veramente ci interessa, quali fra le tante nostre possibilità desideriamo far crescere e quali invece potare, sacrificare, affinché crescano i rami più importanti. Nelle scelte importanti c’è un ascolto profondo e quello della nostra voce interiore è sicuramente l’ascolto più significativo. Purtroppo vediamo che la gente ha perduto non solo l’arte dell’ascolto, ma anche l’opportunità di essere educata ad ascoltare. La preghiera è ascolto, la meditazione è ascolto, più meditiamo in profondità, più ascoltiamo i nostri bisogni veri che sono quelli spirituali, ontologici e un minuto o pochi minuti di questo ascolto possono trasformare la vita e donarci quell’orientamento illuminato che noi cerchiamo da sempre verso la felicità.
2) Gorge Balan, fondatore della musicosofia, sostiene che più che chiedersi qual è il messaggio della musica dopo l’ascolto, bisogna chiedersi cosa è rimasto nella memoria. A volte qualche tratto della melodia torna in mente e il posto dove scompaiono le melodie è in stretta relazione con l’io superiore. Ricordare le melodie è esercitarlo. Dice inoltre che i primi suoni che restano in noi sono i primi fiori della comprensione. I Veda, le sacre scritture indiane, parlano di questo luogo? E a cosa corrisponde?
I Veda sono per definizione Ascolto. Il loro nome tecnico è Shruti che vuol dire: ciò che si ascolta. Il Veda quindi si ascolta, non si legge, lo si apprende ascoltando. Le Upanishad, che sono il corpo filosofico dei Veda, sono ciò che si ascolta ai piedi del Maestro. L’ascolto ha sicuramente un ruolo di primo piano. Il luogo è l’Atman, il Sé, per dirla in termini junghiani. Le Upanishad dicono che l’orecchio non ascolta, come l’occhio non vede e come la pelle non sente: è il Sé che compie tutte queste funzioni. Il Sé è immobile, non fa attività, è definito testimone. Il luogo dell’ascolto è sicuramente il Sé, è anche il luogo dove le dinamiche si mettono in moto e fanno succedere gli accadimenti, è la qualità di coscienza che fa accadere le cose. Nel bene e nel male i filtri del Sé, i filtri mentali, la struttura psichica, possono riflettere dal mondo distorsioni o raggi di luce imperfetti. Il luogo della memoria, dove possono rivivere e vengono evocati e quindi fatti germinare i semi della conoscenza, sia essa artistica, scientifica, filosofica o religiosa, è il Sé, l’unico centro creativo che si manifesta nel mondo attraverso il piano immanente con l’ausilio dell’intelletto, dell’ego, dei sensi. La centrale è il Sé, l’Atman, o il Brahman per utilizzare una terminologia vedica.
3) La musica ci addormenta o ci sveglia. Quali sono le “stampelle” che ci possono aiutare per un ascolto consapevole?
La musica può essere arte quando è fornita sottoforma di esperienza estetica, oppure può essere conoscenza quando è sottoforma di insegnamento. L’atteggiamento è quello di recepire con attenzione alta che colga anche ciò che non va, parlo quindi di attivare lo stato critico in cui si opera quell’importante discernimento fra ciò che è reale e non reale, corretto e non corretto, giusto o ingiusto. Bisogna riconoscere le stonature, gli errori, le strutture fallaci, sia in arte, sia nelle scienze, nella religione, in filosofia, in psicologia. Apertura al massimo ma anche con il massimo di attenzione perché chi ascolta sia consapevole non solo di ciò che sta ascoltando, ma anche di se stesso e dell’operazione che sta facendo ascoltando. Non si può essere addormentati, storditi, narcotizzati, sarebbe come lasciarsi andare ad uno stato di abbandono inferiore, pericoloso, che scivola nell’oblio. L’ascolto deve essere attento e rapito. Questa attenzione non compromette e non minaccia lo stato di rapimento, anzi lo salvaguarda dall’infiltrazione di condizionamenti, di virus che lo disturberebbero.
4) Con Mozart non si sa mai se il cuore piange o ride. Nella sua musica questa ambiguità è sempre presente. Il genio, in questo caso Mozart, si alza in regioni dove non penetra la nostra razionalità che distingue ciò che è gioia da ciò che è dolore. La musica produce emozioni, ma non è emozione. Lei cosa ne pensa?
Non sono un esperto di Mozart, ma studio da oltre trenta anni il fenomeno emotivo; secondo l’antica filosofia, psicologia e scienza dei Veda, che le emozioni appartengono ad una realtà superiore: si chiamano Rasa ed è solo la loro distorsione che sperimentiamo attraverso il nostro sistema nervoso. Qualsiasi artista ci proponga un’opera d’arte, suscita in noi degli astati d’animo e la vera arte ha proprio lo scopo di portarci al livello più alto nel ritrovare quelle emozioni che sono vicine ai rasa, ovvero alle emozioni spirituali. E’ chiaro che quelle emozioni, essendo appartenenti non a questo mondo, ma al mondo delle idee, direbbe Platone, sono fuori dal tempo e dallo spazio, quindi non si può dire che il pianto e il riso, la gioia e il dolore siano veramente in contraddizione, perché non esiste un prima e un dopo. La mia esperienza è: queste coppie di apparenti opposti non sono in contraddizione, su livello di esistenza trascendente, sono complementari nel produrre una gioia di tipo superiore. Ovvero: dolore e gioia cessano di essere opposti e vengono ad armonizzarsi su di un piano che li trascende entrambi. E’ per questo che nei grandi artisti si passa dalla gioia al dolore, dal riso al pianto senza percepire un contrastante stato d’animo, ma un’ispirazione sempre crescente, perché a quel livello gli opposti servono l’uno all’atro per lanciarci sempre più in alto.
mercoledì 20 gennaio 2010
CONTRASTARE LE EMOZIONI NEGATIVE di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).
Se paragonati a dei colori si potrebbe visualizzare il primo come di tonalità chiara, grigio perla leggermente tendente al celeste, mentre le seconde come un colore torbido, caldo: rosso scuro o amaranto. È già una terapia contrapporre un pensiero ad un'emozione, in quanto la natura fredda del primo ha il potere di rendere più trasparente il contenuto torbido tipico della natura calda della seconda. D'altra parte, è sicuramente difficile che un pensiero, da solo, riesca a contrastare un’emozione, poiché quest'ultima possiede una carica psichica ben più potente. Per questo motivo si rende necessario affiancare al pensiero positivo anche emozioni di segno positivo, che per questo devono essere ben archiviate nella memoria, in modo da essere immediatamente a disposizione nel momento in cui si desidera evocarle, proprio come una valigetta del pronto soccorso, sempre pronta per l'uso. Le emozioni positive sono luminose, espansive, penetranti e possono rifinire l’operazione di risanamento che il pensiero può fare solo in parte, in virtù della carica emotiva forte che anch’esse posseggono. Tali emozioni possono essere connesse ad insegnamenti che abbiamo ricevuto, rappresentare momenti belli della vita, momenti in cui abbiamo sperimentato una felicità spirituale e costituiscono ricordi che saranno straordinariamente preziosi se riusciremo ad evocarli al momento giusto, nel momento di un trauma o di una crisi grave, perfino all’approssimarsi della morte.
Concludendo, è possibile affermare che, se un pensiero positivo è ottimale per contrastare un altro pensiero, di natura negativa, la sola funzione razionale non è tuttavia sufficiente ad arginare la carica psichica di un’emozione negativa. Il pensiero razionale può solo apportare un piccolo contributo in tal senso in quanto è utile a scegliere le emozioni positive da recuperare dalla memoria, a disporre una strategia, ma il materiale psichico con il quale veramente si contrasta un’emozione è sostanzialmente un’altra emozione, possibilmente di medesima intensità, ma di segno contrario. Quest'ultimo principio viene espresso anche dal saggio Patanjali(1), che suggerisce la meditazione su pensieri opposti (e per esteso su emozioni) a quelli ostacolanti(2), per consentire all'individuo l'evoluzione del proprio livello coscienziale.
(1) Patanjali, la cui data di nascita non è certa (alcuni esperti ritengono sia vissuto tra l'800 a.C. e il 300 a.C., mentre gli induisti sostengono possa essere vissuto anche diecimila anni prima dell'avvento di Cristo), sistematizzò la disciplina yogica, fino ad allora tramandata oralmente. Compilò quattro libri in merito tutti scritti in aforismi (sutra) rispettivamente Samadhi, Sadhana, Vibhuti e Kaivalya. Il cuore dell'insegnamento di Patanjali è rappresentato dall'Ashtanga Yoga o yoga delle otto membra: stadi attraverso cui lo yogi può gradualmente raggiungere l'unione con Dio, il Samadhi.
(2) Patanjali, Yoga Sutra - Sadhana Pada, sutra 33: vitarkabadhane pratipakshabhavanam – [per contrastare] le fantasie o i pensieri ostacolanti [si deve meditare] su quelli opposti contrari.
Tratto da 'Pensiero, Emozioni e Realizzazione'.