domenica 27 settembre 2009

SOGNARE DA SVEGLI (PARTE PRIMA) di Priscilla Bianchi.

Le persone si intrattengono spesso parlando dei loro sogni: sogni da realizzare, sogni ancora tutti da sognare, sogni finiti in quel celebre cassetto senza fondo che aspetta ancora di essere aperto. E' chiaro che quando parliamo di realizzare i nostri sogni, con la parola sogno non ci stiamo riferendo all'attività psichica che si attiva mentre dormiamo, bensì ad un sinonimo di desiderio o fantasia. Per quanto riguarda il termine desiderio, l'etimologia ce ne svela la natura più profonda. Le due parole latine che compongono il desiderio sono la particella de- che in questo caso indica allontanamento, 'via da' e sidus-sideris, dal significato di 'stella, astro'. Letteralmente, dunque, desiderio significa 'lontano dalle stelle', indica la mancanza di sidera, delle costellazioni necessarie per trarre gli auspici. Se ci riflettiamo, effettivamente il desiderare implica una lacuna, una mancanza: si desidera quel che ci manca e quello che, secondo noi, completerebbe la nostra vita o ci procurerebbe una gioia al momento assente. E' proprio a questo punto, all'inizio cioè del processo, che dobbiamo porre particolare attenzione alla motivazione e alla natura del nostro desiderio: cosa stiamo desiderando? E soprattutto: perché? Siamo proprio sicuri che quella cosa, quella persona, quella situazione andrà a colmare qualche nostra lacuna e ci farà stare meglio? Attraverso questo processo logico saremo probabilmente in grado di evitare i danni maggiori, sempre che il desiderare egoico, dribblando tutti i filtri razionali, non sia già divenuto sentire, ovvero non si sia già prepotentemente insediato nei nostri sensi. Quando così accade, la manovra di inversione a U riesce raramente, e in ogni caso con grande difficoltà. Questo perché l'energia del desiderio non è più semplicemente psichica, ma è entrata nella centralina dei sensi mandandola in fibrillazione. Ecco come la Bhagavad-gita, testo di millenaria sapienza, conferma e mette in guardia:

“Come un vento impetuoso spazza via una barca sull'acqua, così uno solo dei sensi su cui la mente si fissa porta via l'intelligenza dell'uomo(1)”.

Quando il pensare/desiderare/fantasticare è ormai nella fase del sentire, quella del volere è dietro l'angolo ed è piuttosto arduo schivarla. E' per questo che, come affermano le Upanishad e la Gita e come ben sintetizza Marco Ferrini nel suo “Pensiero, Azione, Destino”, è davvero importante monitorare i nostri pensieri e i nostri desideri, perché da quelli scaturiscono inesorabilmente le azioni che orientano il nostro presente e anche il nostro futuro. Il desiderio vola sulle ali della fantasia, che il dizionario descrive come quella “facoltà dello spirito capace di riprodurre o inventare immagini mentali in rappresentazioni complesse, in parte o in tutto diverse dalla realtà”. Tale concetto ci rimanda inevitabilmente a quello di visualizzazione e a quello veicolato dal sanscrito vikalpa. Vikalpa, nel linguaggio proprio dello Yoga darshana(2), indica un fantasticare che può avere natura costruttiva, oppure condizionante. Nel primo caso la visualizzazione che il soggetto proietta sul proprio schermo mentale è basata su sat, sulla realtà, intendendo per realtà qualcosa che risponde ad una natura vera e buona e che affonda le proprie radici nel principio cosmico del dharma, l'Ordine universale. Questa è la dinamica che segue un desiderio sano, ben orientato, che darà buoni frutti. In caso contrario il fantasticare avrà ali corte, perché non avendo una base reale nel senso appena spiegato, obbligherà il soggetto a naufragare, generalmente dopo qualche esperienza deludente e dolorosa.


(1) Bg. II.67.
(2) Uno dei sei darshana o sistema di pensiero classico dell'India. L'autore, il saggio Patanjali, negli Yogasutra che costituiscono tale darshana ha raccolto tutti i principali insegnamenti sullo Yoga. Il CSB ha svolto numerosi lavori e studi comparati con la odierna psicologia su questo tema, richiedibili via internet o direttamente alla nostra Segreteria.

martedì 15 settembre 2009

IL MATRIMONIO E LA FAMIGLIA (PARTE TERZA). Da una lezione di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa) del 13 Maggio 2008.

Per capire se si veramente adatti l’uno per l’altra occorrono una verifica ed una valutazione di anni, ovviamente non da sposati ma nell'ambito di un necessario periodo di osservazione e prova. E' fondamentale realizzare la differenza sostanziale tra complementarietà e affinità elettiva. Il coniuge non è soltanto una spalla o un rimedio alla solitudine e ovviamente non è una delle tante amicizie. E' una persona con la quale dovremmo intessere una vita di comunione, fondata sulla condivisione seria e profonda di valori ideali. Oggi la società premia un modo irresponsabile di costituire coppie e famiglie, ma quale società troveranno i nostri figli? Quale mondo stiamo costruendo? Viene esaltato il principio edonistico della mera gratificazione egoistica e di pari passo vengono penalizzati quello della giustizia e della vera libertà. Vengono così legalizzati abusi e oltraggi, ma quel che è legale non sempre è anche giusto. Se pensate ad una persona ritenendo che potrebbe essere il vostro coniuge, studiatela e osservatela attentamente, e soprattutto provate a vederla come il padre o la madre dei vostri figli. La vedete attiva, proattiva, responsabile, capace di impartire educazione con buoni insegnamenti e soprattutto con un buon esempio? Ritenete che con l'aiuto di questa persona possiate risolvere le crisi della vita come ad esempio difficoltà economiche o problemi di salute, o invece la considerate poco adatta, poco consapevole, tendente a sfuggire alle responsabilità piuttosto che ad affrontarle con coraggio e maturità? Siate ben consapevoli delle difficoltà che provengono da un coniuge autoritario, da un padre padrone, o da un marito o da una moglie morbosamente gelosi che vedono rivali e pericoli ovunque. È pur vero che pericoli ci sono per uno sposo o una sposa giovani, ma occorre sviluppare un certo livello di maturità che ci permetta di evitare i pericoli senza diventare paranoici. Donne e uomini che hanno vissuto con modalità etiche dubbie o con uno scarso livello di responsabilità debbono modificare tali attitudini e aspetti del carattere migliorandosi con un congruo anticipo, non certo quando la decisione del matrimonio è già stata presa. L’educazione alla formazione di una famiglia deve necessariamente includere considerazioni di questa natura, e molte altre che potremmo fare in un'analisi più accurata. La famiglia può essere un ottimo strumento per la nostra evoluzione, ma dev'essere una famiglia fondata su princìpi sani, che tengano di conto delle istanze più profonde e spirituali dell'essere e dello scopo della vita umana oltre i bisogni di ordine mondano. Se poi una persona non si pone un fine evolutivo, trascendente, allora in privato può fare quello che vuole, può anche cambiare partners ogni sei mesi se tutto quello che desidera ottenere dalla vita è una soddisfazione egoica temporanea, ma ricordate che il numero dei suicidi sta aumentando a dismisura in chi coltiva questo tipo di mentalità. Sono le battaglie che abbiamo vinto per il vero bene nostro e altrui che ci danno forza, fiducia in noi stessi, profonda e duratura soddisfazione, non quelle a cui abbiamo rinunciato per egoismo o avidità. Dobbiamo tener fede a valori elevati e con tenacia e lungimiranza superare ogni difficoltà. Se invece uno cede alle debolezze proprie e altrui rinforza la malsana opinione: “non ce la posso fare... lo sapevo di non valere niente” e così - dopo essere stato un pessimo profeta – quel soggetto avvera la sua profezia disastrosa. La famiglia non è un obbligo, l'essere padri o madri non è indispensabile per evolvere; può essere infatti che una persona abbia già fatto questa esperienza nelle vite precedenti e sia giunta ad una consapevolezza che le permetta di impostare la sua vita e di crescere senza l'obbligo di assolvere a questo dovere sociale. Ma chi invece decide di farsi una famiglia dovrebbe prendersi questa responsabilità avendo bene in mente lo scopo per cui la famiglia esiste, che a dire il vero consiste proprio nell'esaurire il bisogno di famiglia. Lo scopo è infatti quello di liberarci progressivamente da dipendenze e bisogni esteriori, per sviluppare autonomia affettiva e spirituale, e perciò marito e moglie dovrebbero aiutarsi vicendevolmente affinché il loro legame si fondi sempre di più sulla gratitudine e stima reciproca, piuttosto che sulla dipendenza emotiva e psicologica. Questo non per reprimere l'amore, ma per far evolvere la nostra capacità di amare ed essere amati, estendendola progressivamente e rendendola sempre più universale. In effetti il bisogno di scambiare affetto e sentimenti appaganti non è garantito automaticamente sposando, ma sarà in proporzione a quanto saremo stati in grado di trasporlo e viverlo su di un piano sempre più consapevole ed evoluto. Una famiglia va consumata, e lo dico non in modo irrispettoso o svalutante per l'istituzione familiare in sé, ma intendendo con ciò che la sua funzione è di condurre a tappe ulteriori di maturità e realizzazione, come se fosse un vero e proprio sacrificio che porti crescenti saggezza, benessere e giovamento a tutti i membri del nucleo familiare. Pensate invece ai danni del tradimento e dell’infedeltà che riaccendono il fuoco della passione torbida e alimentano la dipendenza da nuovi partners e da fantasie che bloccano la propria ascesa etica e spirituale, e purtroppo anche quella dei propri figli. L'aspirazione a formarsi una famiglia - se si hanno le giuste motivazioni - è un desiderio nobile ed è una scelta che comporta responsabilità, così come del resto quella di percorrere una via di rinuncia: anche in questo caso occorre infatti assumersi responsabilità di coerenza, impegnandosi a maturare la capacità di dare e ricevere affettività e amore. La via della rinuncia non implica infatti una rinuncia ad amare, anzi: è una scelta che richiede imparare ad amare tutti nella consapevolezza della comune radice spirituale di ogni essere. Per concludere, gettiamo uno sguardo alla storia: prima delle ultime due o tre generazioni non c’era mai stato un momento in cui l’umanità non avesse modelli di valore cui riferirsi: l’eroe, il mistico, il gentiluomo, ecc. Adesso invece si opera per cancellare ogni riferimento eticamente nobile: impera il self-made man, l'uomo che si è fatto da solo e che poi si ritrova drogato, depresso, agitato da disistima, conflitti e insoddisfazioni e che a volte purtroppo finisce anche suicida. Chi è l’eroe della televisione? Il calciatore, la velina, il cantante che ha avuto successo, lo stilista imbottito di denaro, che ormai non può più sopravvivere senza alcool o perversioni sessuali. I giovani purtroppo vengono irretiti da questi falsi modelli, la cui vita sembra facile, ma quanta sofferenza, autocommiserazione e disperazione si nascondono dietro queste vite! L’apparenza inganna. Il vero successo è fatto di sforzi continui e seri tesi al raggiungimento di obiettivi costruttivi ed evolutivi. Chi vive con questa consapevolezza rimane attivo, produttivo e geniale anche con l'avanzare degli anni. Nella storia abbiamo casi emblematici, come quello di Goethe che scrisse o il Faust ad oltre ottant’anni o Jung che in tarda età compose la sua autobiografia “Ricordi, Sogni e Riflessioni”, o anche saggi e maestri come Bhaktivedanta Svami Prabhupada che negli ultimi anni della loro vita hanno compiuto imprese meravigliose per il bene dell'umanità. Essere giovani o vecchi non dipende dalla nostra data di nascita: dipende dall’impostazione che diamo alla nostra vita, dalle priorità che scegliamo, dalla qualità delle nostre motivazioni e dalla dedizione con cui portiamo avanti gli obiettivi che ci siamo prefissi. Se si vive per sviluppare Saggezza e Amore, più passa il tempo più si ringiovanisce. Che ciascuno rifletta bene sulla natura e scopo del matrimonio e sulla scelta personale di sposarsi o meno, valutando le proprie attitudini e tendenze, perché quello che è bene per uno potrebbe essere per un altro un male o una complicazione dannosa. Entrambe le scelte, sia quella di sposarsi, sia quella di non sposarsi, sono in sé valide; sta a noi comprendere quale dovrebbe essere il nostro percorso e viverlo con coerenza.

domenica 6 settembre 2009

IL MATRIMONIO E LA FAMIGLIA (PARTE SECONDA). Da una lezione di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa) del 13 Maggio 2008.

Chi vive in modo frivolo le relazioni affettive e sentimentali danneggia prima di tutto se stesso e di conseguenza anche gli altri, poiché rovina ai suoi occhi e a quelli altrui i concetti di fedeltà, di lealtà e amore. Quando da tali relazioni nascono figli, si riversano su di loro confusione, instabilità emotiva ed incapacità di amare e così il danno si estende e si moltiplica. Una famiglia dovrebbe formarsi non in maniera casuale, magari per rimediare al guaio di una gravidanza inaspettata o soltanto perché si ha paura di rimanere soli. La famiglia dovrebbe essere una Missione che – se si sceglie di compierla – necessita di tutte le nostre migliori energie e di dedicarvi una parte consistente della nostra vita, considerando il matrimonio come strumento per migliorarsi, maturare ed evolvere affettivamente, psicologicamente e spiritualmente. Naturalmente non tutti hanno bisogno di vivere l'esperienza della famiglia per giungere alla realizzazione di se stessi: sposarsi non è un obbligo, bensì una scelta che va ben ponderata in base alle proprie esigenze interiori e caratteristiche caratteriali. Ripercorrendo la storia incontriamo vite luminose di spiritualisti che – avendo già maturato determinate comprensioni ed esperienze - hanno potuto percorrere con soddisfazione la via della rinuncia e che in quella via si sono realizzati. Viviamo in un mondo dove prevalgono comportamenti altamente scorretti, disecologici e patologici, dove si compiono oltraggi e nefandezze che purtroppo sono considerati legali, ma scuole e tradizioni nel corso della storia - che rappresentano vette di saggezza del pensiero e dell'animo umano – ci indicano orientamenti nobili da seguire per trasformare il nostro percorso nel mondo in un viaggio evolutivo verso la liberazione dai condizionamenti e lo sviluppo di Conoscenza autentica e autentico Amore. Gli insegnamenti psicologici e spirituali dei Maestri della tradizione Indovedica veicolano non soltanto concetti e modelli di pensiero sani, ma anche e soprattutto esempi concreti di comportamenti evolutivi, che sono come fari in grado di illuminare l'agire dell'uomo nel mondo, nella vita affettivo-sentimentale, in quella professionale e in ogni altra sfera dell'esistenza. Come purtroppo confermano innumerevoli esperienze cliniche, ci sono famiglie patologiche, psicotiche, distruttrici di ideali e valori. Un padre padrone, ad esempio, può bloccare con la sua violenza l’evoluzione di un figlio per decenni, così come un genitore perditempo, irresponsabile e neghittoso può ingenerare questa stessa mentalità negativa nella prole, producendo effetti rovinosi che potranno essere smaltiti a costo di tanti sforzi, tempo e sofferenze. Dunque è indispensabile un'accurata educazione prima di lanciarsi in un’impresa familiare. Oggi sposarsi e divorziare è diventato assai frequente, ma non per questo dovete sottovalutarne la pericolosità. In realtà ciò è il segno di una società votata al degrado. Della società moderna possiamo certamente apprezzare alcuni aspetti, ma è altresì indispensabile rilevarne le macchie, le incongruenze, i paradossi, gli abusi, come quello di considerare l'aborto un diritto civile quando assolutamente non lo è, soprattutto per il bambino che viene privato del diritto di vivere. Occorre un'educazione per potersi sposare e vivere una vita matrimoniale, e soprattutto per poterlo fare con successo, quello vero, duraturo e propedeutico all'armonizzazione e allo sviluppo della personalità, propria e altrui. Una donna dovrebbe essere accuratamente educata per diventare sposa e madre e così un uomo per diventare un marito, responsabile e capace di espletare bene il suo ruolo nel dare sostegno e guida alla moglie e ai figli. Oggi non ci sono o sono alquanto rare le scuole che insegnano a far ciò. Non c'è sufficiente cultura su questo tema e soprattutto non ci sono modelli o esempi viventi che sappiano ispirare ad un corretto modo di pensare e agire nella scelta e nella cura delle relazioni affettive, o perlomeno questi modelli sono purtroppo tremendamente rari. Come si è detto in precedenza, il matrimonio non è semplicemente la scelta di un compagno o di una compagna; è la scelta di uno sposo e di una sposa per la formazione di un nucleo familiare. Matrimonio implica procreare e procreare implica educare nella consapevolezza delle leggi psico-spirituali che permeano l'universo e la vita di ogni essere. Educare significa amare continuamente, affinché i figli possano conseguire nella loro esistenza risultati costruttivi ed evolutivi, contribuendo a loro volta nella società alla diffusione di un messaggio di Luce e di Amore. Mai nessun gesto dei genitori dovrebbe essere avulso dall’amore, dal desiderio di correggere e attrarre verso la perfezione. Il ceffone dato in stato di collera è fortemente diseducativo, tanto che chi subisce tali modalità viene danneggiato a sua volta nella capacità di essere un futuro buon educatore. I figli sono parte integrante del matrimonio; sposarsi con l'intenzione di non averne non è assolutamente consigliabile. Canakya Pandita spiegava che un matrimonio senza figli è un deserto. I figli infatti sono essenziali per rafforzare l'unione della coppia attorno ad un fine nobile che è appunto quello di dare educazione e valori alla prole, e ciò permette di portare il bisogno di amare ed essere amati su di un piano più elevato rispetto a quello dell'attrazione meramente sensuale o passionale che, se non superata e sublimata per accedere ad un sentimento più profondo, diventa causa di ansietà, contrasti e instabilità nella relazione. Una madre con un figlio stretto al petto soddisfa quasi completamente la sua affettività, in modo assai costruttivo ed evolutivo, e lo stesso vale per un padre che si prende cura dei figli, cercando di assicurare protezione, rifugio e affetto a tutta la famiglia. L'educazione da provvedere ai figli dovrebbe essere per aiutarli a difendersi nella vita dalle trappole dei tanti ingannatori e soprattutto per favorire la loro evoluzione etica e spirituale. In ogni caso la più grande educazione è quella che si dà non a parole ma con l’esempio personale. Non è necessario che i figli sappiamo teoricamente che i genitori hanno studiato insegnamenti di valore, ma li devono vedere applicati nelle loro vite. Un vero genitore non deve essere soltanto un generatore del corpo del figlio ma anche un generatore della sua coscienza: dovrebbe ispirare, educare, proteggere. Come spiega Rishabhadeva ai suoi figli: che non si diventi padre, madre o maestro spirituale se non si è in grado di liberare dalla sofferenza dell'esistenza condizionata le persone cui si deve provvedere. Non si può imporre la nostra volontà sugli altri, ma si può e si deve offrire un modello di cui essere fieri. Naturalmente la famiglia richiede anche la capacità di fare un progetto economico che sia valido e capace di assolvere a tutti i bisogni di ordine materiale, che non sono gli unici né i più importanti ma che altresì non possono essere disattesi. Se uno vive da solo, quando ha provveduto a se stesso non ha nessun obbligo nei confronti della società, ma quando una persona ha famiglia e procrea non può operare con la stessa logica, ed è importante tenere in considerazione che chi ha vissuto per tanti anni in quel modo non così facilmente è in grado di accedere ad un altro tipo di mentalità.