
L'azione di questa proteina, in grado di rendere malleabili le cellule, impedisce ai ricordi degli eventi spaventosi di crescere troppo, evitando che si ripresentino in maniera ossessiva e impediscano una vita serena alla vittima e permette quindi di annullare gli effetti di uno spavento sul cervello, rendendo gli animali spavaldi anche dopo un'esperienza dolorosa. “Normalmente, per cancellare dalla testa dei topolini una paura, il suono viene ripetuto molte volte senza essere associato ad alcuna scossa. "Noi abbiamo scoperto con sorpresa - racconta su Science lo psichiatra Gregory Quirk che ha diretto l'esperimento - che non c'è bisogno di un nuovo condizionamento per riportare il topolino alla tranquillità. È sufficiente la somministrazione del fattore Bdnf all'interno della corteccia prefrontale". Quest'area situata nella parte anteriore del cervello è considerata la sede del pensiero razionale e bilancia la sua attività con quella dell'amigdala, che regola la paura a livello istintivo. Un esperimento complementare a quello di oggi, condotto a gennaio alla Emory University, aveva dimostrato che bloccando nei topolini il gene che regola la produzione di Bdnf nell'amigdala, i ricordi paurosi non riuscivano a consolidarsi. E i roditori continuavano a muoversi spavaldi nonostante suoni e scosse elettriche. Un altro filone delle ricerche anti-paura punta invece a bloccare il consolidamento del ricordo subito dopo il trauma, somministrando un farmaco che blocca temporaneamente le nuove connessioni fra i neuroni. Ma anche se questi esperimenti sono utili alla comprensione dei meccanismi della mente, le applicazioni pratiche per l'uomo sono lontane. Questo filone delle neuroscienze subisce sempre delle accelerazioni nei periodi di guerra. I ricercatori portoricani hanno ricevuto parte dei loro finanziamenti dagli Stati Uniti, e un precedente studio americano aveva dimostrato che un soldato su otto torna dal fronte con disturbi di ansia o disordini da stress post-traumatico. Sono problemi causati dalle violenze vissute in battaglia che si riaffacciano anche dopo il ritorno alla vita normale(2)”. Sebbene l'esigenza di gestire tali eventi traumatici nasca con una motivazione positiva, come per esempio quella del reinserimento sociale di soldati in congedo, che hanno manifestato un disturbo post-traumatico da stress al rientro dal fronte militante, è possibile scorgere in questa modalità anche un grande pericolo per l'essere umano e per qualsiasi creatura, su diversi fronti.

(1) Elena Dusi Verso la pillola del coraggio “Proteina contro la paura” La Repubblica, 04 Giugno 2010
(2) Ibidem
(3) Uno dei meccanismi di difesa fondamentali indicati nella teoria psicoanalitica freudiana, che prevede l'allontanamento forzato dalla coscienza di pensieri, desideri e idee considerati minacciosi per la persona.
Articolo molto interessante!
RispondiEliminaGrazie!
Ringrazio Diana per questo interessante articolo. Interessante sia per la documentazione scientifica che per la chiave psico-pedagogica cui l'autrice ha voluto offrire ai lettori: assumersi la responsabilità delle proprie azioni (storia personale, karma) e imparare dalle esperienze, anche dolorose. Matsyavatar das.
RispondiEliminaSi, le piu' importanti fasi di cambiamento evolutivo, per alcuni di noi, spesso passano da esperienze dolorose. Il grande rischio e' quello di accanirsi in immaginarie fonti esterne senza osservare le dinamiche pronfonde e sottili che nascono dentro di noi e che l'ego tende a non riconoscere.
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