giovedì 14 maggio 2009

L'IO, L'INCONSCIO E LE MASCHERE DEL SE'.
di Marco Ferrini.
L'uomo moderno è prima di tutto decontestualizzato, non sa quale posto occupa nell'universo e, se poco sa a livello fisico, ancora meno sa a livello psichico e quasi niente circa la propria natura più intima. Il Sé è quindi l'oggetto della nostra ricerca, come tanti scienziati nei campi della fisica, delle neuro-scienze, della microbiologia, sono alla ricerca di un'equazione, della definizione di un principio che sia capace di uniformare tutte le forze che agiscono nell'universo. Come già Socrate affermava, lo scopo è conoscere sé stessi, il precetto "Conosci te stesso" era scritto a caratteri cubitali, in pietra, sul frontespizio del tempio di Apollo a Delphi. Questa istruzione può apparire come banale ma non è così, in quanto le persone credono di conoscersi, ma di fatto, conoscono le maschere che si sono sovrapposte al Sé, all'atman. Tale confusione, produce uno smarrimento pari alla perdita di visione che caratterizza uno stato ipnotico, di sonnambulismo o lo stato di un soggetto narcotizzato; si ha un'idea di sé, ma distante dalla realtà, estranea alla realtà dei fatti. Finché il soggetto non conosce sé stesso, non può riconoscere le maschere. Acquisendo consapevolezza del più intimo Sé, il soggetto non solo riconosce le maschere, ma le indossa con una certa difficoltà e solo quando risultano indispensabili per operare in questa dimensione umana, come chi veste un abito essendo ben cosciente che è qualcosa che si può togliere e mettere. Dunque la personalità è una maschera che il soggetto indossa per stare in rapporto alla società e la maschera rappresenta una sorta di compromesso tra le istanze dell'individuo e quelle della società circostante.La società è un ballo in maschera e benché porti un grande rispetto per la maschera, per chi indossa e soprattutto per coloro che ne conoscono l'utilità, il mio rammarico va nei confronti di tutti coloro, purtroppo la stragrande maggioranza, che sono mascherati e non lo sanno. Tali persone si sono talmente identificate con la maschera, ad esempio il corpo, il ruolo sociale, il compito, che a causa di questa totalizzante identificazione, perdono di vista sé stessi. A volte una funzione come quella di sindaco, di senatore, di deputato, di cavaliere del lavoro, persino di scienziato, di grande chirurgo, di grande professore in un'università prestigiosa, produce quel tipo di identificazione che non permette più di conoscere sé stessi ed il pericolo ulteriore è che anche a casa, in famiglia si indossi quella maschera, riducendo la propria vita relazionale, familiare e affettiva ad un disastro. Fortunatamente noi possiamo anche essere noi stessi. E' difficilissimo compiere un lavoro di destrutturazione di condizionamenti in questo intricato ginepraio delle maschere che si sovrappongono, inseguendosi e stratificandosi una sull'altra, poiché troviamo sempre una maschera che resiste, che non riusciamo a togliere al soggetto. E' maschera tutto ciò che ha relazione con il tempo e con lo spazio, perché noi siamo fuori dallo spazio e dal tempo. Quando io dovessi dire “sono nato 63 anni fa nel tal posto” ecco, quella è una maschera, è una delle condizioni che mi impone l'ego, perché non è vero niente che io sono nato 63 anni fa nel tal posto; se affermo “ho preso questo corpo 63 anni fa nel tal posto”, siamo un po' più vicini alla realtà, ma non è ancora veramente esatto, perché io questo corpo non l'ho preso 63 anni fa quando sono stato registrato nel registro delle natività dall'anagrafe. Dieci mesi lunari prima, sono stato introdotto in un ambiente di una matrice femminile, un ovulo femminile, dove si sono uniti assieme due pacchetti cromosomici, che si sono cominciati a mischiare e da quella interazione io, che non c'entro niente con questi pacchetti cromosomici, ho colto gli strumenti, gli ingredienti per costituire questo corpo. Quindi se c'è una certezza è che io non sono questo corpo. Poi chi sono, come vi ho già anticipato, è l'esito di un lavoro che c'è da fare. Non abbiamo bisogno di nessuna sostanza per compiere un viaggio esplorativo alle sorgenti della nostra psiche, alle sorgenti della nostra personalità e incontriamo, accostandoci con gioia, con calma e con dolcezza, a quel centro che è un punto che corrisponde perfettamente alla definizione euclidea secondo cui "non ha altezza, larghezza, lunghezza", ed un'altra scoperta formidabile è che "non ha neanche tempo". Noi siamo unità immateriali, a-spaziali, atemporali, immortali: è la mente che si è impigliata nello spazio-tempo e ha causato lo spazio-tempo, dunque, se si va oltre le maschere, si scopre un mondo meraviglioso, un mondo di straordinaria vitalità e varietà, imperniato sull'Amore, il cui termine sanscrito è prema-bhakti, e la devozione è l'espressione più immediata, più genuina di questo bisogno che ciascuno di noi ha, di dare e ricevere amore.

Tratto dall' omonima conferenza - Brescia, 14/06/2008.

2 commenti:

  1. Drovremmo interrogarci profondamente per tentare di scoprire chi siamo in realtà, la maschera che noi portiamo e con la quale ci siamo identificati per anni, pur cambiando punto di vista, ha bisogno di un percorso radicale per trasformare la nostra natura transitoria. L'amore quello puro sarebbe la strada, ma solo se ben strutturato e con un ordine preciso di valori.

    RispondiElimina
  2. @ abe: ciao.
    nell'Amore c'è solo Testimonianza non coivolta che contiene tutto e lo ama... i valori non c'entrano nulla, perché sono fondati sui mattoni dello spazio-tempo, della morale. Dove Tutto è Uno tutto ha "valore" e nulla lo ha.
    @Marco: grazie per l'articolo.

    RispondiElimina

Scrivi un commento